domenica 30 maggio 2010

L'inizio di qualcosa veramente malato

Cominciò tutto così. Avevamo una casa che era la punta di una stella nel lago dei nostri pensieri, ma pesava. Giusto larga un dito, era più un monolite che un rifugio. Di pietra, umida e scalza, livida di mal di schiena. Al mattino ci alzavamo alle sei senza aver nulla da fare, solo per levarci in fretta da quel bitorzolo di pietra. Giravamo per il lago, l'acqua fredda e bassa svegliava noi e i nostri scricchiolii.
Eravamo la cornice di un romanzo medievale, ma non c'era manco una pagina nella nostra vita. Un giorno Elias mi aveva detto: "Se non ci fosse l'acqua, non avremmo nemmeno più uno specchio". Avevo alzato le spalle come per dire: "Menomale".
Tempo fa, non so quanto, non ha importanza, stavamo scavando una fosse per chiuderci dentro qualcuno e Elias era scoppiato a piangere e si era conficcato la pala nel piede sinistro. Mi ero fermato e lo avevo guardato, ricoprendo il silenzio fra di noi di macchie di respiro gelato. Si era ferito. Aveva gettato la pala ed era uscito dalla buca. L'avevo seguito con lo sguardo per qualche metro, poi avevo ricominciato a scavare.

Una notte avevo sentito dei rumori fuori dalla Pietra, mi ero alzato e, ancora seduto sulla coperta, avevo spiato fuori. Un'ombra stava uscendo dalla mia visuale. Mi ero alzato ed ero uscito, ma non c'era più nulla. Da quella volta non dormo più, tengo solo gli occhi chiusi e le orecchie tese. Sperando di rivederla.

Spalare nell'acqua è la cosa che facciamo di più. Cerchiamo qualunque cosa che non sia acqua. Raramente abbiamo trovato qualcosa.
Cos'altro potremmo fare con delle pale?
Mi rispondo sempre che potremmo ucciderci a vicenda, ma l'acqua è meno dolorosa. O forse di più.

Ricostruiremo la nostra vita, un giorno. Per ora ci limitiamo a scavare.

Stamattina il sole era caldo. Ho pensato che fosse la giornata adatta a cercare qualcosa a est. Sono andato da solo. Per tutto il mattino ho camminato attorno al lago, un occhio all'acqua e l'altro alle mie spalle, inutilmente. Ho trovato una cosa che spero sia un cadavere di qualche animale. L'ho portato verso la Pietra, ma, nel frattempo, avevo già cambiato tutto e la cameriera aveva portato l'arrosto in tavola.
Ellen mi stava parlando della sua giornata e a me non interessava, quindi mangiavo con meno disgusto. Quando finì le sorrisi e lei mi chiese: "E te? Com'è andata?"
"Bene, bene. Oggi ho risolto quella faccenda con Bronson. Ci è voluto meno di quanto speravo..." disse qualcuno da dentro la mia bocca.

Poi si aprì una falla nella nave. Antonio urlò: "C'è UNA FALLA!!" Tutti correvano via e io ero rimasto immobile, incredulo e compiaciuto. Non si sarebbe salvato nessuno, lo sapevo bene, tanto valeva allora godersi la poesia sadica del momento e del movimento.

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