mercoledì 12 maggio 2010

Bancarelle

Neanche uno oggi, neanche uno. E dire che a stare qui, sotto questo portico, c’è da ammazzarsi per bene, poco per volta, a furia di caldo e di freddo, di pioggia e di questa vita ignobile.
Tutta la giornata e non un turista, non un universitario poco indaffarato a comprare qualcosa, manco un fumetto. Tutti i libri stanno lì, al loro posto, come li ho riportati alla luce stamattina. Appena due o tre tizi si sono fermati a dare uno sguardo, ma niente, hanno tirato dritto.
Oggi rientro in casa con una giornata in meno e la giacca un po’ più sdrucita, la faccia un po’ più scavata dai giorni, ma nient’altro. Se non la fame della cena. Chi è che vorrebbe fare il mio lavoro? Chi vorrebbe vivere con quello con cui vivo io? Nessuno, nessuno, lo so bene.
Dei giorni mi monta su una voglia di andarmene e lasciarli tutti lì, quei maledetti libri, tornamene a casa e dormire tutto il pomeriggio, far niente, e poi il mattino dopo si vedrà. Che li rubino pure, che se li portino a casa a pacchi, che li conosco bene tutti: quando c’è da pagare non la vedono nemmeno, la mia bancarella, ma quando c’è da rubare son anni che aspettano solo il momento di farlo! Ebbene, lo facciano! Mi liberino da sto fardello, che io non ne posso più. Non ne voglio sapere più.
Che poi inizio a non star più bene con la mia coscienza, sempre a fregare la gente, a portarle via libri per pochi spiccioli, fingendo pure d’esser generoso, no, no, non è cosa per me, non più; ormai c’ho la mia età, le mie coscienze personali, i miei pesi e le mie angosce, no no, io inizio a sentirmi una merda. Ma chi me lo fa fare? No, basta, davvero, è ora di finirla. È andata male sta vita, c’è niente da fare, bisogna tirare le somme senza sporcarsi troppo, non mi voglio più sporcare, voglio fare un bagno caldo e piangere una giornata intera, per lavarmi tutto, fino in fondo, per chiedere scusa alle piastrelle del mio bagno, riconoscendovi dentro, offuscato, ogni viso di cliente fregato in questi anni, tutti quei ragazzi pieni di libri, gli zaini stracolmi, che se ne andavano via con poche mila lire, pochi euro ora.. Voglio chiedere scusa a tutti, che è stato un gioco cattivo, dannoso, per me, magari non per loro, che in fondo si son liberati solo di libri che non volevano più, e c’han pure guadagnato qualcosa, ma troppo poco, troppo, ma per me è stato solo un gioco cattivo, mi ha avvizzito come una prugna vecchia. È questa vita che mi ha ammazzato, a forza di botte dietro la schiena, tutti i giorni, è questa Torino che non mi considera che mi ha ammazzato, che mi ospita perché non sa che ci sono, questa gente che non sopporto più, questa maledetta sedia di plastica sulla quale ho passato gli ultimi trent’anni di vita, aspettando che qualcuno comprasse qualcosa, che arrivasse qualcuno a vendermi qualche libro, a controllare che nessuno rubasse i libri.
Libri libri libri libri, ovunque, da sempre..Ormai ho le mani di carta, la testa e gli occhi pieni di copertine e titoli, senza mai averne letto uno, di quei tomi che mi portano da anni, da millenni, nella mia testa pesante.
Pure la strada di casa ora mi guarda di traverso. Non ho più voglia di voi, lasciatemi andare in campagna, con una bella ragazza, lontano, lasciatemi in pace, voi e i vostri libri che comprate e dopo anni mi rivendete. Lasciatemi, voi e i vostri cazzo di libri.

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