Quando cerco l’ispirazione, salgo su un treno. Credo sia
una questione di carattere, di conformazione mentale.
Quello che ho sempre apprezzato del treno come strumento magico è la sua capacità di
renderti spettatore stabile e in movimento di uno scorrere costante e continuo,
di gettarti le cose addosso; e questo movimento “imposto” del treno, lo
scorrimento del paesaggio, mi sembra che smuova una situazione di stallo come l’assenza
di ispirazione, che smuova le idee e ne faccia nascere di nuove. In qualche
modo, non ho ancora capito quale, mi sembra influenzi i pensieri.
Il treno è un fenomeno cinetico che diventa cinematografico.
Anche se il tragitto rimanesse sempre lo stesso, i fattori che renderebbero
ogni viaggio particolare e, quindi, possibilmente ispiratore sono moltissimi :
la luce, il momento della giornata, la stagione, l’umore, il posto in cui si è
seduti, la posizione in cui si è messi, il modo in cui si è vestiti, la
compagnia o la solitudine, i vicini, il libro o la musica che si ha con sé. Si
ha così poco da fare, su un treno,
che ogni cosa assume un’importanza, e mi viene da dire, una luce, differente.
Il treno è anche una raccolta di voci, di rumori, di storie;
basta sedersi e ascoltare. C’è una certa sacralità, una certa ritualità
nell’ascoltare il vociare ed i discorsi di un vagone intero, nell’osservare i
piccoli miracoli che si creano sotto i nostri occhi al mattino presto, quando
la luce sembra essere ovunque e provenire da ogni cosa. E prendere un treno, in
determinati momenti, per me è fondamentale, sacro.
Mi è capitato di pensarci spesso, al sacro, in questo
periodo, anche grazie al fatto che, a fine settembre, c’è stato a Torino un
festival che si chiama “Torino Spiritualità” che ogni anno organizza dei
concerti e delle letture in qualche modo riguardanti il sacro,a volte anche in
modi anche parecchio inusuali, che mi piacciono sempre moltissimo; festival
che, a dirla tutta, dal nome, io la prima volta che ne avevo sentito parlare,
qualche anno fa, avevo pensato a una manifestazione noiosissima e anche un po’
snob di preti, cerimonie, religioni, eccettera; invece poi, no, mi ero proprio
sbagliato, e mi sembra che quel festival lì, in un certo modo, mi abbia dato
una sfumatura di luce differente, sul sacro, durante gli anni.
E pensando, sul treno, mi son reso conto che, per me, il
sacro, forse di nuovo per la mia conformazione mentale, non ha nulla di
religioso. Credo abbia più a che fare con la meraviglia per il quotidiano, con
i dettagli, con degli ambienti; è un sacro quasi atmosferico. E questa attrazione verso i particolari e verso la
meraviglia credo sia la sensibilità più importante che mi abbiano trasmesso la
letteratura e i libri in generale. Come certi racconti brevissimi di Carver,
per esempio, che se fossero “incolonnati” sarebbero delle poesie perfette, per
come vedo io la poesia.
E ieri, proprio mentre cercavo l’ispirazione per
scrivere, mi sono ricordato oggi sul treno, ho riaperto per caso Diario
Notturno, di Flaiano, e ci ho trovato dentro una frase, che fa così: “La troppa
familiarità con le cose sacre allontana da Dio. I sagrestani non entrano in
Paradiso.” e poi, più avanti, un’altra: “Cogliere l'impossibile nel gesto più solito, meravigliarsi
sempre. Succede che la vita è piena di spettacoli non conformi alle nostre
abitudini visive, spettacoli e forme che dovrebbero turbarci per la
sconnessione col mondo circostante o per le allegorie che così hanno voluto
disporli. Ma perdiamo forse tempo a notarli e a meravigliarcene? Se così fosse,
ad ogni momento ci chiederemmo un perché, e forse niente e nessuno saprebbe
risponderci.” e ho pensato che anche
questo trovare degli echi dei propri pensieri nei libri, per me è una cosa
meravigliosa e, in qualche modo, sacra.
Poi sono sceso dal treno,
erano le otto di mattina, ed entrando in un bar per fare colazione, mentre
pensavo ancora al sacro e ai libri, mi sono reso conto improvvisamente, forse
proprio per i ragionamenti che stavo facendo, di essere entrato di nuovo in un
rituale quotidiano nella mia vita: quello del the.
Mi
rendo conto che, forse, a spiegarla, questa cosa del rituale del the potrebbe
essere strana, però, secondo me, rappresenta bene la mia idea del sacro, credo.
Non
è solamente una questione di preferenze, di gusti, non è solo la bevanda in sé;
è una questione di ritualità, dell’importanza del rituale del the nella sua
interezza, in tutto il suo procedimento, dalla scelta della tazza
all’infusione, fino al the fatto e finito.
E’ più un
modo di affrontare le cose, farsi una tazza di the; un ritmo lento, meditativo;
un momento di conforto, una sicurezza, una costante inderogabile. E mi sono
reso conto, ad esempio, che quando sono a casa e mi sto facendo un the, i tre
minuti che ci mette il microonde a scaldare l’acqua, mi sembrano densissimi e
pieni di pensieri; e sono convinto mi sembri così perché durante quei tre
minuti sono così immerso nella ritualità del the da essere isolato da tutto il
resto e da crearmi un silenzio, attorno, e dentro, se così si può dire, nel
quale, se ci deve essere una voce, è solo e soltanto la mia.
Allora, tornando a casa,
sul tardo pomeriggio, di nuovo sul treno, dato che la mia testa era immersa in
tutti questi ragionamenti sul sacro e sul rituale, mi è venuto da scrivere una
lista, che a me le liste, come forma letteraria, piacciono moltissimo e mi
sembrano anche un po’ sottovalutate, e ho scritto una Lista del Sacro, che è
poi questa:
Sacro
è ciò che è fuori dal tempo. Sacro è lasciare dei segni.
Sacri
sono certi pomeriggi d’agosto, con il sole che entra comunque, anche dalle serrande
abbassate. Sacro è l’attimo Prima e l’attimo Dopo. Sacre sono tutte le notti
passate a ParlarSi in macchina e le mattine prestissimo. Sacro è l’attimo in cui
inizia un concerto e l’attimo in cui finisce un libro. Sacra è una città
deserta di mattino presto. Sacra è una casa appena affittata, ancora da
arredare, con le pareti bianche e spoglie, invasa di luce. Sacri sono certi
dischi che ti salvano la vita. Sacro è girare in posti sconosciuti senza sapere
e senza considerare nemmeno dove si è. Sacre sono certe minuscole commozioni,
improvvise e inaspettate, che sono come dei crolli di verità. Sacre sono certe
solitudini.
Sacro
è il ricordo. Sacra è l’Assenza. Preghiera è il ritorno all’Assenza.
Sacra
è la Fine.