Questo aprire gli occhi, devo dire, questa presa di coscienza,
la potremmo chiamare, mi sta succedendo parecchie volte, in questi ultimi
tempi. Infatti prima ero in macchina e pensavo all’ultima volta che mi era
successa, questa presa di coscienza, prima di stanotte, però non mi veniva in
mente. E mentre che ero lì che guidavo son passato da un incrocio, che a me
spontaneamente vien da chiamare l’incrocio degli Wilco; che una volta,
quest’estate, ero passato di lì con un mio amico e, come al solito, mi ero
fermato e piano piano ero andato avanti con la macchina perché, in
quell’incrocio lì, che te ti immetti in un senso unico, a destra, non si vede
niente, allora bisogna avanzare piano piano, vedere se c’è qualcuno e se non
c’è nessuno passare. Solo che, quella volta lì, guardando a destra, non mi ero
reso conto che davanti a me, nella direzione opposta, mentre che io guardavo a
destra, era arrivata una macchina, e allora le dovevo dar la precedenza e
lasciarla passare, invece io la precedenza non so perché non gliel’ho data e
avevo girato a sinistra, e la macchina
davanti a me non si era mossa di un millimetro, né aveva suonato il
clacson o protestato in alcun modo. E quando il mio amico mi aveva fatto notare
che non avevo dato la precedenza, io, non so per quale motivo, mi ero reso
conto di stare ascoltando Yankee Foxtrot Hotel degli Wilco, che secondo me è un
disco bellissimo, e alla mancata precedenza non ci avevo dato il minimo peso.
Allora stanotte, mentre che ero lì che pensavo a tutta questa cosa,mentre
passavo dall’incrocio degli Wilco, mi è
venuto in mente che, forse, in quel momento lì, anche in quel momento lì avevo
preso coscienza di essere vivo, di avere un corpo, di avere delle mani, una
faccia, dei piedi, di avere una sensibilità, degli occhi, delle orecchie, e
forse è poi per quello che ancora oggi, che poi ne son passati di mesi, me lo
ricordo, l’incrocio degli Wilco.
giovedì 15 novembre 2012
Certi momenti
Mi succede, ogni tanto, e l’ultima volta che è mi successo è
stato questa notte salendo le scale della palazzina dove abita un mio amico,
dicevo che mi succede, ogni tanto, di rendermi conto di colpo di avere un
corpo, una sensibilità, di essere la persona che sono e, fondamentalmente, mi rendo conto di essere vivo, di esistere, in quell’istante; e in quei momenti è come se il mio livello di percezione del mondo e di me
stesso si alzasse vertiginosamente; così, senza motivo e senza preavviso. E ogni volta che succede mi viene sempre su
una felicità che non saprei neanche descrivere, e non saprei nemmeno se
chiamare felicità. Però poi, in genere, subito dopo questa cosa piacevole e
positiva che sale su, ne viene su un’altra negativa, per niente piacevole, che
fondamentalmente si potrebbe tradurre col pensiero che, appunto, se in certi
momenti mi rendo conto di avere un corpo, una sensibilità, di essere vivo, di
respirare, eccettera eccettera, il resto del tempo no. Che sono abituato.
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