martedì 22 maggio 2012

up-up-up-up-dna

God damn this whole sacrifice – and this revealing, lately. Here comes the pain, oh yeah, here come the blackbirds. Flutes and Saxophones – will shut me down, 'til I’ll drown. And no, you can’t relax, you can’t even sacrifice. – something or anything. your sharp teeth. No way: your life is your life. your fist. –blue life from the things that shine inside. I’d rather be back. I’d rather go insane _ In this place there’s a wind I know – and I don’t like - breathing inside of celebrations. Everything must have happened: your hour, the honey that swells inside you. I think I’m gonna stay in this room forever and I’m fine with it – Explosions. Inside out. Inside. Something is growing- something is showing up. Lately. And All of these things MUST pass. MUST clear up. I will be right, when you’ll be right too _ Pick ‘em up. Go ahead. You can bring up all of your friends. They’re like morphine shot in my ears. Black ravens on the way home. She had A SMiLE. A smile. And no, no, no, no, you can’t imagine. I can’t imagine. Everybody dies – Enea. All of you. I’ll die in confusion, maybe. She had a way of making you feel good, I don’t remember - It’s all wrong. Shhhh. Peaceful. It’s late. I’ve been up lately.

lunedì 26 marzo 2012

In libreria

Lei: Oh, l'hai letto questo?
Lui: Sì, Bulgakov.
Lei: T'è piaciuto?
Lui: Sì, molto. L'ho perfino portato all'esame di letteratura russa all'università. Avevo letto l'introduzione e un riassunto di circa dieci pagine.

...

(poco dopo)

Lui: Oh, Ivanoe!
Lei: De Bergerac?
Lui: No, di Valterscòt.

giovedì 15 marzo 2012

Ormai

quando a volte vorrei piangere e diventare rosso come fai tu, mi porto dietro una matassa che non riesco più a sbrogliare: comunque la rigiri pesa, come le canzoni tristi quando fuori piove. ho provato più volte a sparire e, sortito l'effetto contrario, farò finta che va tutto bene quando torni a letto. e non venirmi a dire che fa tutto schifo quel che è triste.

in tutti questi anni abbiamo detto così tante cose, ne abbiam fatte così poche, programmato mille viaggi e poi rimasti sempre a casa, ma raccontare e perdonarsi a volte è imperdonabile, quindi oggi parla tu: dimmi qualcosa che mi scaldi. ti porto al cinema stasera, ma paghi tu, che io non ho un lavoro. ti porto tutt'altro che lontano. alla fine non è male qua.
con la scusa di un film dell'orrore così brutto che mi ricorda dublino, andiamo a passeggiare e non in un centro commerciale. te lo ricordi il vecchio del chiosco sulla spiaggia? ci penso spesso, sai.

prima ancora che io potessi finire il mio stanco, ennesimo "tutto bene?", ti sei chiusa dentro al bagno con un trucco ormai vecchio: è soltanto questione di ore. io non me ne andrei, se non fosse che è arrivato il tempo in cui il tempo non c'è più.
e dopo tutto, quando fuori non piove, non è affatto male.




- I Fine Before You Came han fatto un disco nuovo. Si chiama Ormai. Tutte le parole che avete appena letto sono prese dai testi di Ormai, io c'ho solo fatto un collage molto libero e molto inutile. è meglio Ormai. Se non l'avete ancora ascoltato, fatelo. -

martedì 24 gennaio 2012

There is a light

Notare delle piccole cose è la cosa che faccio di più, in questi giorni. Ci sarebbe anche da chiedersi il perché: il perché è semplice, non c’è manco da chiederselo: perché non sto facendo niente, in questi giorni. Allora stamattina, stamattina è stata una mattina strana, stamattina. Camminando sul binario due per salire sul treno, ho sentito: Il treno per, chi se lo ricorda per dove, è in arrivo sul binario buio. Ho detto No dai, ho sentito male. Poi però ho pensato, certo che ce ne vuole a capire buio al posto di uno, ce ne vuole veramente, non è che ha sbagliato l’annunciatore? Che quello lì, quello che annuncia i treni, come lo vuoi chiamare? Io non lo so come chiamarlo, lo chiamo annunciatore.

Poi comunque non ho notato nessun’altra piccola stranezza per tutta la mattina, mi son fatto il mio viaggio in treno dormendo, son arrivato a Torino, ho fatto le cose che dovevo fare, sono andato all’università; solo che, nel frattempo che facevo le mie cose, mi son messo ad ascoltare un po’ di musica dal lettore mp3 e, tornando dalla Fnac, praticamente ero quasi arrivato in stazione, mi è venuta voglia di ascoltarmi un disco per intero. Allora non sapevo cosa ascoltare, ho guardato un po’ quello che c’è sul lettore mp3, ho scelto Kollaps Tradixionales dei Silver Mt Zion.

Che poi sul nome dei Silver Mt Zion ci sarebbe da dire una cosa, cioè che cambiano nome a ogni disco, ma ogni volta di poco: tipo una volta si chiamano A Silver Mt Zion, un’altra A Silver Mt Zion Memorial Orchestra, un’altra si chiamano Thee Silver Mt Zion Memorial Orchestra and tra-la-la band, un’altra volta ancora Thee Silver Mt Zion Memorial Orchestra and tra-la-la band with choir. Ecco.

E m’è venuto in mente, mentre ascoltavo Kollaps Tradixionales camminando verso Porta Nuova, quando sono andato a vederli, i Silver Mt Zion, allo Spazio211: era primavera, ero con Marco e con Linda, due miei amici, ci eravamo incontrati in stazione di pomeriggio presto e mi ricordo che avevo dietro una borsetta di cartone, di quelle che danno nei negozi, piena di cose che mi ero portato dietro, che, se non sbaglio, erano: tutti i cd dei Silver Mt Zion che avevo, che, se non sbaglio anche qui, eran quattro, Yanqui UXO dei Godspeed You! Black Emperor, La vergogna delle scarpe nuove di Paolo Nori, una penna, e una specie di regalo che avevo per Efrim Menuck, che è il cantante e chitarrista dei Silver Mt Zion. E mi ricordo il viaggio in treno, di pomeriggio presto, c’era un sole chiarissimo, era stato stupendo. Mi ricordo dei viaggi bellissimi, io, in treno, con dei libri bellissimi e delle borse e dei pacchi bellissimi. E quasi sempre son di pomeriggio.

Ci eravamo incontrati, io, Marco e Linda, quel giorno in stazione, e ci eravamo fatti dalla stazione allo Spazio211 a piedi. Solo che avevamo anche allungato, non sapevamo la strada, allora eravamo andati fino in Via Po’, a Palazzo Nuovo, avevam trovato una mappa della città, avevam capito la strada c’avevam messo qualcosa come tre ore, ad arrivare allo Spazio211. E intanto eravamo passati per mezza Torino a piedi, eravamo passati in delle stradine che buttavano malissimo, ci eravamo persi, avevamo chiesto indicazioni, avevamo sbagliato, eravamo passati in un mercato rionale in un quartiere di, non vorrei sbagliarmi, marocchini, e sembrava di essere lontanissimi, dall’altra parte del mondo, sembrava che il senso di quella giornata fosse camminare con tranquillità per mezza Torino per arrivare allo Spazio211, non tanto andare a un concerto. E quel pomeriggio lì, a camminare, sembrava di essere lontanissimi.
Poi alla fine eravam solo a Torino, un po’ in periferia, alla fine eravamo anche arrivati in anticipo, allo Spazio211.

Avevamo aspettato tantissimo, fuori dal locale, nei giardini, si stava bene. Poi erano arrivati degli altri nostri amici eravamo andati a fare cena in un bar un po’ lontano, da dov’eravamo, avevamo mangiato qualcosa e quand’eravamo tornati fuori dallo Spazio c’era una coda enorme, era tutto pieno.

Mi ricordo l’attesa, seduti io e Marco sul palco, per stare davanti, con tutta la ressa attorno, poi alla fine eravam finiti in mezzo, non ricordo perché. Era stato un concerto fantastico.

E mentre che pensavo tutto questo, questa mattina mentre camminavo Porta Nuova ascoltando i Silver Mt Zion nell’mp3 e pensando a quel pomeriggio, al concerto, a Linda e Marco, a tutta la strada che avevamo fatto, a com’ero stato bene, mi è venuto da piangere.




Poi son arrivato a Porta Nuova, ho preso il treno, ho ascoltato due volte A Love Supreme dormendo e quando sono sceso dal treno e stavo per uscire dalla stazione ho sentito: Il treno proveniente da, chi se lo ricorda, e diretto a, chi se lo ricorda, è in arrivo al binario quadro.

Anche lì, pensavo: non è possibile.
Però, pensavo, io prenderei tantissimi treni da una stazione con un binario quadro e uno buio.

sabato 3 dicembre 2011

Cantavano da loro

Pensavo, prima, mentre facevo la doccia, alla cattiveria. O meglio, a Ligabue.
Mi è tornato in mente che Ligabue qualche anno fa aveva fatto un concerto, a Campovolo, dove, si diceva, fosse riunita la più grande folla di spettatori di sempre, per un concerto, in Europa. E quella notte lì, gli sono entrati in casa i ladri, a Ligabue. Che, pensandoci un po’ sotto la doccia, è stata una cosa cattiva: cioè, nella sera in cui tutti stanno guardando te, in cui tutti parlano di te, in cui l’attenzione dei media è tutta su di te, noi ti portiamo via tutto da casa; nel giorno in cui tu stai facendo un botto di soldi, noi te li facciamo spendere, almeno un po’, per riarredarti casa, bastardo, avran pensato i ladri. O forse no.

Fra l’altro, si dice che quel concerto lì fosse stato un mezzo disastro, perché il posto era talmente grande, che tantissima gente non aveva sentito niente, e, si dice, ancora, che a un certo punto della gente avesse iniziato a cantare delle canzoni di Vasco Rossi; tanto, non si sentiva niente, allora cantavano da loro. E pensavo all’umore di Ligabue il giorno dopo, il concerto a Campovolo. I ladri in casa, le lamentele che iniziavano ad arrivare anche sui giornali, nelle televisioni e su internet, i ladri in casa, la gente che cantava Vasco, il sentirsi un po’ un coglione, i ladri in casa. Che giornata di merda, dev’esser stata, per Ligabue, quella giornata lì.

A me una volta piaceva, Ligabue. Quando avevo circa tredici, quattordici anni. Poi no, poi basta, poi uno cresce e si evolve, va verso altre direzioni. Menomale, direi. Ligabue piace anche a mia madre, che è, si potrebbe dire con un termine che un po' mi ripugna, una sua fan; e infatti il dvd del concerto di Campovolo io a casa ce l’ho, gliel’avevo regalato per Natale, e a vedere da lì, dal dvd, sembra che tutto vada benissimo, che tutto fili che è una meraviglia. C’erano quattro palchi, messi tutti attorno al pubblico, e mano a mano che il concerto andava avanti Ligabue correva da una parte all’altra a cantare delle altre canzoni, e a me era sembrata una cosa un po' lunga, a dire il vero. A un certo punto verso l’inizio Ligabue dice anche: ah ma allora è vero, ci siete davvero. E si sente un boato pazzesco del pubblico. Insomma, lì non si capisce, che in quella serata ci fossero tutti i preamboli per una giornata di merda.

mercoledì 16 novembre 2011

Un modo per uscirne - (appunti da Londra)

che con la sua nebbia, le sue anfetamine e le sue perle mi aveva lasciato il suo fiato nelle orecchie e dodici rivoluzioni ancora da metabolizzare. Ci cadevano addosso le verità nascoste male. ma avevamo il coraggio di non ricacciarle più di nuovo su. di darlo a vedere, che era tutto sbagliato. Adesso a fine gennaio dici che parti. E ci sono quelle mattine dove uno si sveglia e si chiede perché sta facendo la vita che sta facendo. poi però non è detto che cambi qualcosa. programmiamoci i viaggi. totalmente fuori tempo. e non cerchiamoci la scusa del controtempo: siamo totalmente fuori tempo.
ci sono cose che danno salvezza, come Jeff Buckley che canta Just Like A Woman. come certi blackout. E avrei delle domande da pormi. dei rumori di sottofondo.





Viaggiare sopra le macchine, le luci bianche e gli ingorghi. fra le strisce di notte che si vedono dai finestrini appannati. E l’azzurro gessetto di questo mattino sovrannaturale.

C’è un verde con una luce in centro. Ho scoperto che Geogaddi è il disco perfetto per viaggiare in aereo. è musica da occhi chiusi sopra il cielo. di arrivi e ritorni. Di colori che scompaiono.

Ho un letto a Londra, cosa voglio di più?